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23.05.20254 Minuti

Beni comuni e amministrazione condivisa: una questione di opportunità

Oggi sentiamo spesso parlare di beni comuni, ma definirli con esattezza può essere difficile. Eppure i beni comuni sono parte della nostra quotidianità e possiamo contribuire anche noi – come amministrazioni, associazioni e singoli cittadini – alla loro (ri)scoperta e valorizzazione grazie a percorsi di amministrazione condivisa. Vediamo insieme di cosa si tratta e come possono essere attivati.

Secondo una definizione molto accreditata, i beni comuni sono “categorie di beni che non esistono in sé ma in quanto esiste una comunità di riferimento che ne rivendica la fruizione” (Pecoriello, 20201). Non si tratta  semplicemente di “cose”, ma di realtà vive che prendono forma quando una comunità ne riconosce il valore e decide di prendersene cura.  

Il termine “beni comuni” abbraccia dunque un concetto ampio e mutevole, con linee guida condivise ma applicazioni diverse tra i territori. I beni comuni non rappresentano né dei beni meramente pubblici (come una biblioteca), né dei beni privati (come un’auto). Ciò che li definisce non è tanto la proprietà, quanto l’uso collettivo e condiviso, sostenuto da una comunità che li riconosce come risorse preziose da tutelare. Oggi parliamo di beni comuni riferendoci sia ad elementi materiali, come edifici dismessi o spazi urbani inutilizzati (ne è un esempio l’ex Asilo Filangeri a Napoli), sia a risorse immateriali, come paesaggi, tradizioni, espressioni artistiche, saperi locali.

Ma come si attiva un processo sui beni comuni in un territorio? Non si tratta solo di una scelta amministrativa: è prima di tutto una scelta politica, un’intenzione chiara di sviluppare pratiche di amministrazione condivisa ovvero modelli di co-gestione partecipata in cui cittadini e istituzioni collaborano per l’interesse generale. Questa co-gestione ha numerosi benefici, perché consente alla cittadinanza (intesa come persone singole  o associate) di collaborare con l’ente, svolgendo attività di interesse generale. Un esempio potrebbe essere quello di uno spazio dismesso di proprietà comunale che viene dato in gestione a una o più associazioni per creare un centro di aggregazione o uno spazio di comunità in cui offrire attività e servizi informali, come corsi, sportelli informativi, attività educative, ecc.

Per procedere in questo senso, è necessario dotarsi di un Regolamento comunale sui beni comuni: un documento che ha lo scopo di disciplinare le forme di collaborazione tra i cittadini e l’amministrazione, finalizzate alla cura, alla rigenerazione e alla gestione condivisa dei beni comuni. Grazie a questo strumento normativo è possibile attivare i patti di collaborazione, accordi che traducono la cura di spazi e risorse in attività e azioni pratiche condivise. Sviluppare nel proprio territorio strumenti di questo tipo significa fare innovazione amministrativa, perché si introducono in modo organico elementi di democrazia partecipativa nel territorio. 

Eubios ha aiutato i comuni di Mercato Saraceno, Bertinoro e Massa Lombarda a sviluppare strumenti di amministrazione condivisa. Da un lato abbiamo svolto consulenze e formazione per le amministrazioni; dall’altro abbiamo organizzato incontri facilitati con la cittadinanza, costruendo competenze e strumenti concreti per agire in modo organizzato.

Attivare progetti di amministrazione condivisa significa sviluppare percorsi visionari nei propri territori, per supportare la cura di aree degradate, il recupero di beni confiscati, la rigenerazione di luoghi in disuso, la tutela di beni immateriali. Se vuoi sapere come attivare questi percorsi nella tua realtà, contattaci!

 

1 A cura di S. E. George e C. L. Pignaris, Coltivare partecipazione. Esperienze e processi partecipativi raccontati da Aip2. Edizioni la Meridiana, 2020

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